La spiaggia: il mare, il sole, la sabbia, gli ombrelloni, le persone, così vicine da far diventare le loro conversazioni le tue, il loro pranzo il tuo, i loro problemi i tuoi.
Le senti fare domande a cui viene automatico rispondere, pensi di essere autorizzato ad intervenire, come al bar, quando qualcuno parla male della Juventus, o alla riunione di condominio, il dirimpettaio vuole cambiare il gestore del gas.
La spiaggia è un esempio perfetto di “non luogo” dove lo stereotipo umano sguazza per non annegare.
Fare colpo sul vicino di ombrellone, essere il migliore e vantarsi, diventa indispensabile.
Non c’è una macchina della verità sotto l’asciugamano, la crema solare non colora la pelle di blu quando diciamo una bugia, siamo liberi di esagerare e dare sfogo al bulletto sbruffone che c’e’ in noi.
Sono sicura che, in una settimana passata al mare, c’è almeno una persona che col suo comportamento sopra le righe, ha colpito la vostra attenzione.
Io ho avuto la fortuna di “conoscerne” due.

Luciano il cesenate, arzillo pensionato in vacanza con la comitiva, mentre parla con la vicina di ombrellone, scopre che è di Bologna e … Alt, fermi tutti, come?
“Ma allora sei emiliana”, le dice con una smorfia di disapprovazione e lei: “anche tu veramente sei emiliano romagnolo” e lui schifato: “eh no eh, emiliano lo dici poi a qualcun altro, lo sai che quando mi dicono ma te vieni dall’Emilia Romagna, io rispondo sempre no, io sono romagnolo, perché l’Emilia e la Romagna sono due cose diverse.
Come la rosa e il cavolfiore, sono tutti e due fiori, ma non sono uguali e io non sono mica un cavolfiore!”
Va bene essere orgogliosi delle proprie origini, vada per l’attaccamento alla maglia, ma Luciano … anche meno …
Vorrei intervenire poi penso che in fondo si tratta di un pensionato che spara le sue ultime cartucce e mi trattengo, come si dice “non c’e’ rosa senza spine”.

Giangi, la massima espressione del bauscia milanese, il quarantenne che si crede fighissimo.
Tutte le volte che esce dall’acqua si lava con una bottiglia di acqua “dolce”, per non incorrere nei danni causati dall’esposizione della cute al sale marino, è circondato da una decina di amici, che lo sopportano solo perché sono a scrocco a casa sua, una delle tante ville di sua proprietà;
Per tutta la mattina non parla che dell’ultimo attico che ha acquistato a Milano, ma si lamenta perché ha poche finestre, verso le 12 cambia argomento e passa al rosé che ha intenzione di bere a pranzo, quando finalmente arriva il momento di andare a mangiare, nel ristorante sulla spiaggia, si rinfresca, si infila la camicia, l’orologio da 10.000 euro e va a spendere un po’ dei soldi che duramente l’anno ha “faticosamente” guadagnato nell’azienda del Papi.
Dopo due ore e una bottiglia di rosé torna in spiaggia, trova l’ombrellone a terra, volato via per colpa del vento, pensa che qualcuno glielo abbia intenzionalmente atterrato per dispetto (ammetto di averci pensato, ma il vento è stato più veloce di me!), prova a ripiantarlo ma non ci riesce, quindi per non fare brutte figure, decide di prendere il sole, lasciando chiuso l’ombrellone.
Dopo meno di un minuto si annoia e cerca qualcuno con cui giocare a racchettoni.
Sta giocando quando si accorge di una medusa in acqua vicino a lui, e gli viene un’idea, trasformare la povera creatura nella pallina da lanciare.
La raccoglie con la racchetta e la tira all’amico con un rovescio che farebbe invidia a Roger Federer, realizzo solo in quel momento quanto sia crudele la mente di Giangi, per partorire un’idea del genere, per fortuna ha modo di sfogare i suoi istinti solo tra un aperitivo, un brunch e una gara di polo … siamo salvi!

Luciano e Giangi non li rivedrò mai più, ma mi ricorderò di loro per molto tempo, li immagino uno al bar a Cesena, che intrattiene gli amici con perle di botanica, l’altro a Milano che compra lampadari per il nuovo attico.