Il menù è il geloso custode della storia e dell’anima del ristorante.

Il menù è la voce dello chef, con cui esprime la sua filosofia, ci racconta la sua esperienza e la sua capacità e ci trasmette l’amore e la passione per l’arte culinaria.

Siamo abituati a chiedere, al cameriere che prende l’ordine, varianti di ogni tipo: “togli questo, aggiungi quello, si può fare così, mi piacerebbe …”
Il menù non è un punto di partenza ma di arrivo, non c’è scritto “noi abbiamo fatto del nostro meglio, adesso voi fate come vi pare”.
Ogni tanto mi capita di trovare sulla carta la scritta “non si accettano variazioni di alcun tipo”, bravi!
Qual è il segreto di un buon menù?
Dovrebbe avere cinque proposte per ogni portata, di cui almeno una vegana/vegetariana e una sezione a parte per i bambini, se si tratta di un locale per famiglie.
Vi sembrano pochi cinque antipasti tra cui scegliere? Cinque dolci?
A parte la regola poco ma buono, il problema di un menù troppo lungo e vario è che manda in crisi le persone insicure per natura e spinge ad essere indeciso anche chi come me, pur non essendolo affatto, davanti a tante proposte si perde, si distrae e alla fine si annoia.
Una lista più ampia è accettabile solo in pizzeria o in paninoteca.
Un consiglio, se avete voglia di una piacevole coccola gastronomica, scegliete il “menù degustazione”, mettetevi comodi e lasciatevi guidare dallo chef in un fantastico viaggio culinario, alla scoperta di sapori e piatti meravigliosi.
Un discorso a parte merita la carta dei vini, che deve essere il più ampia possibile ma ben strutturata e ordinata, in modo da risultare di facile consultazione.
Occorrono un indice, una buona descrizione di vigneto, cantina e annata e una suddivisone per categoria: bianchi rossi e rosati, per regione, per stato se si tratta di vini esteri e una sezione per quelli da dessert.
Ultimamente ho notato che sempre più ristoranti hanno introdotto uno spazio dedicato alle birre artigianali.

Buon appetito!