Roy Mcbride è un astronauta che viaggia attraverso tutto il sistema solare, per cercare il padre, anche lui astronauta, scomparso da tanti anni su Nettuno, che minaccia la terra con picchi di energia distruttivi.
La pellicola è ambientata nel “futuro non troppo lontano”, dove i viaggi lunari sono alla portata di tutti, la Luna e’ diventata fruibile come la Terra e l’uomo ha colonizzato Marte.
Brad Pitt, dopo tanti ruoli da bellone è chiamato ad interpretare un uomo adulto affetto da leggero autismo, con un rapporto irrisolto nei confronti della figura paterna.
Tentativo fallito, lo spettatore riesce a mala pena a immaginare, che Roy abbia dei problemi a relazionarsi col mondo esterno, da alcune battute e dai flashback che ci raccontano la relazione con l’ex moglie.
La sua condizione di uomo “solo” rimane sospesa nel vuoto cosmico, senza nessun approfondimento, così come il rapporto col padre assente e creduto morto per tantissimi anni.
La scenografia è banale, la trama non brilla per originalità, non ci sono spunti interessanti, non fai neanche in tempo a metterti comodo sulla poltrona che hai già capito come finirà.
Sembra tutto un déjà-vu, a metà film, Roy sta galleggiando in assenza di gravità dentro a una navicella in giro per lo spazio, mentre io galleggio in mezzo alla noia, pensando come mangiare la porchetta che ho comprato stamattina in fiera, faccio un panino, un tramezzino, una piadina o un tacos, aggiungo la maionese o il ketchup, metto i funghi, no meglio i peperoni.
Conservo i popcorn nella speranza di gustarli davanti alla scena di una battaglia interstellare piena di super effetti speciali, aspetto finché non leggo i titoli di coda e mi rendo conto che li mangerò freddi, in auto, tornando verso casa.
Esco dal cinema chiedendomi qual’e’ il senso di questo eroe spaziale: la sua missione, salvare la Terra, ha un ruolo marginale nella storia che è più orientata al ricongiungimento con il padre, che ritrova e liquida con 3 battute.
Forse il viaggio è una metafora: Roy è un pellegrino che si sposta dalla Terra alla Luna, poi verso Marte e alla fine arriva alla sua destinazione, Nettuno, attraverso una spedizione interplanetaria, compiendo un doppio viaggio, nello spazio e di introspezione, se del primo siamo ben consapevoli, (non assistiamo ad altro!), del secondo, trascurato e trattato con estrema superficialità, rimaniamo dubbiosi.
Roy, un uomo solo a spasso per lo spazio, che ha rischiato di rimanere solo anche al cinema, dal momento che, sono sicura, dopo mezzora neanche, la tentazione di alzarsi e uscire l’hanno avuta tutti i presenti in sala.
Non ci si può nemmeno consolare, dei soldi spesi per il biglietto, con la scusa di aver visto uno degli uomini più belli del mondo, perché Pitt indossa tuta e casco per due terzi del film; nascondere un figo come lui sotto l’equipaggiamento spaziale dovrebbe essere considerato un crimine contro l’umanità’ femminile, il regista andrebbe punito con il divieto di fare film per dieci anni.
Epilogo: due ore di palla spaziale, consigliato solo a chi soffre di insonnia ed è immune a valeriana, melissa, passiflora e melatonina, insomma, da tenere in considerazione solo come ultima spiaggia.