Quando apro i cassetti che condivido con Doc, mi stupisco ancora davanti alla sua abitudine di comprare le cose doppie, poi sorrido ricordando che sono stata io ad avere questa idea.
All’inizio della nostra amicizia l’ho visto acquistare di tutto senza mai utilizzarlo, quando gli ho chiesto il perché, mi ha risposto: “si può rompere, rovinare, usurare, perdere, non voglio correre il rischio, preferisco tenere al sicuro e non usare”.
Tornava a casa con qualcosa di carino e lo faceva sparire dicendo: “le cose nuove sono belle e perfette e devono rimanere tali”, fine della storia, l’oggetto in questione diventava una reliquia, che prendeva aria solo quando Doc, ogni tanto, decideva di passare in rassegna la sua collezione.
L’armadio era diventato un museo, ma ci sono cose che compri perché ti servono, così ero costretta a comprargliene altre, sperando che non gli piacessero troppo e venissero utilizzate.
Vi faccio un esempio, ha la fissa delle sneakers, di ogni marca e colore, ogni sera quando preparava i vestiti per il giorno dopo, come ultima cosa, apriva il ripostiglio scarpe per scegliere quali indossare, le passava tutte in rassegna poi decideva per quelle più vecchie, o che gli piacevano meno.
Gli ho detto migliaia di volte che è inutile spendere soldi per comprare scarpe che non usa, l’armadio non è una vetrina da allestire, ma niente, col tempo ho capito che davvero non ci riesce, non può.
Una mattina, davanti a tutte quelle calzature nuove, mi è venuta l’idea del doppione: per fargli usare le scarpe che gli piacciono, ne compriamo due paia identiche, una da esporre nel museo, l’altra da usare tutti i giorni.
Lo so è un po’ dispendioso, ma Doc è bravo e si accontenta di quelle economiche.
Ogni tanto le prende tutte, le mette in fila sul pavimento, le ammira, le cataloga mentalmente e le rimette via, osservandolo penso che sarebbe perfetto come curatore del Louvre.
Per fortuna non è così maniaco dell’abbigliamento, gli piacciono gli abiti low cost, ama cambiare spesso e odia seguire le mode.
A volte la regola del “due di tutto” non basta, adora i quadernini, tipo Moleskine, ne ha tantissimi, ma non riesce ad usarli, ne compra continuamente, prima di poterne utilizzare uno, deve possederne almeno tre uguali, solo la sicurezza di averne nel cassetto altri due gli consente di scrivere sul terzo.
Doc soffre anche di shopping compulsivo, quando non sta bene esce a fare compere, tutto quello che vede gli sembra non solo necessario, ma indispensabile, soprattutto le cose inutili e dispendiose.
Più il conto in banca si abbassa più si alza il livello di serotonina, la felicità di Doc è inversamente proporzionale alla curva dell’estratto conto bancario.
Spesso è preda di ossessioni temporanee, si fissa su una categoria di oggetti e non compra altro, diventando un accumulatore seriale per periodi della durata variabile, le categorie più gettonate sono: tazze, bicchieri, scatole di latta, asciugamani.
Alla fase di accumulo segue la fase “avversione”: un giorno apre l’armadio e prova un senso di fastidio verso tutte quelle cose che ha acquistato e archiviato, la sola vista del suo “tesoro” gli procura un reale malessere fisico e psicologico, l’unico modo per stare meglio è far sparire tutto, quindi regala, vende, butta.
Dopo tanti anni insieme, ho notato che alcune manie sono ricorrenti, il bisogno di accumulo mirato ad una categoria specifica si palesa e si ripete circa ogni sei mesi, massimo un anno, come una sorta di ricaduta.
Da quando ho capito lo schema ho messo in atto un sistema di prevenzione, appena capisco che è in arrivo la fase “avversione” gli dico “lascia fare a me, ti aiuto”, prendo tutto, lo ripongo dentro a un cartone e lo immagazzino in soffitta, pronto per essere riportato giù quando si ripalesa l’ossessione verso quell’oggetto.
Doc è fortunato ad avere un’amica saggia come me e io…
Io vorrei sapere chi ha detto che fare shopping costa meno che andare dallo psichiatra!
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