Lavorava nel mio studio da 20 anni, pensava di essere indispensabile, la classica donna votata al lavoro, con una famiglia ad aspettarla da cui sembrava non voler tornare, non andava mai a casa nella pausa pranzo e faceva spesso tardi la sera.
Aveva un “bel caratterino” per usare un eufemismo, le piaceva incutere terrore ai sottoposti, si vantava di essere la migliore.
Tra persone collaborative si dovrebbe dire “abbiamo raggiunto l’obiettivo grazie al lavoro di squadra o, abbiamo sbagliato, rimedieremo”, lei diceva “faccio tutto io, voi avete sbagliato adesso tocca a me rimediare”.
Quando l’ho conosciuta l’ufficio era il suo regno, sapeva fare tutto, era la capetta, la capo ufficio ad honorem, auto proclamata.
Esagerava con i modi e i toni, ma poteva permettersi di fare la diva perché era brava, preparata e soprattutto fatturava più di chiunque altro.
Le piaceva lavorare “con la carta”, era quella che mandava solo fax, ha continuato finché il datore di lavoro ha disdetto la linea e messo la macchina in soffitta, allora ha cercato di adattarsi alle mail, ma con difficoltà.
Il computer è sempre stato il suo tallone d’Achille, non usava Excel e faticava con Word.
Ha iniziato a perdere colpi quando hanno cambiato il gestionale, in realtà quattro volte in pochi anni, tanto anche per noi ragazzine e decisamente troppo per lei, che non si è più ripresa.
Non era più autonoma, a turno dovevamo correre in suo aiuto, anche per le cose più piccole e banali, era diventata un peso di cui sbarazzarsi.
Quando finalmente ha raggiunto l’età pensionabile, era convinta che le avrebbero chiesto di rimanere, invece la direzione ha stappato una bottiglia di champagne e avviato le pratiche.
Più si avvicinava la fine, più la certezza che le avrebbero chiesto di restare svaniva.
L’ultimo giorno il capo l’ha salutata e le ha chiesto di restituire le chiavi dell’ufficio, quello è stato un momento memorabile, lo so sembro cattiva, ma eravamo tutti sfiniti.
Chiudendosi la porta alle spalle, era ancora convinta di avere una speranza: “come faranno senza di me? Sono indispensabile, se ne pentiranno, mi richiameranno e chiederò più soldi”, ma nessuno le ha mai più telefonato, neanche per gli auguri di Natale.
Alla prossima puntata delle “cronache dell’ufficio”
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