Al lavoro siamo 7 donne e tre uomini, con mansioni diverse, suddivisi in vari uffici.
Nell’ultimo anno e mezzo la dirigenza ha preso decisioni impopolari, è stata lacunosa, menefreghista e non garantista del bene comune.
Le direttive prese, per arginare una difficile situazione economica e il pensionamento di un paio di persone, hanno sollevato dubbi e perplessità tra i lavoratori, contribuendo a creare un clima di malumore e risentimento.
Negli ultimi sei mesi, tutti i colleghi, anche quelli più defilati, hanno iniziato a notare l’atteggiamento arrogante ed egoista del “capo”, o ne sono stati personalmente vittime.
I suoi modi scortesi, le bugie e il continuo cercare di mettere tutti contro, di creare attriti invece di appianarli, non sono passati inosservati.
La conseguenza è stata che si è creato un certo chiacchiericcio, che ha contribuito a diffondere le “voci di corridoio”.
Un giorno vedendo una collega grattare un gratta e vinci, speranzosa di vincere abbastanza da potersi licenziare, ho realizzato che tutti avevano preso coscienza della situazione e che il clima era diventato pesante e insopportabile, per me come per gli altri.
All’inizio ognuno pensava a sé, ma il malcontento è cresciuto a dismisura, fino ad arrivare a una decisione molto importante quanto drastica.
No non sto parlando di uno sciopero ad oltranza, ma di un sistemone al Superenalotto.
Il collega di un altro reparto è passato da noi nella pausa caffè e ci ha proposto di fare un sistema per tagliare la corda tutti insieme.
Senza perdere nemmeno un secondo, ci siamo precipitate tutte a prendere il portafoglio, gli abbiamo dato 20 euro dicendogli: “gioca i numeri che vuoi, basta che siano quelli vincenti”.
La voglia di lasciare il capo solo a cavarsela, l’insoddisfazione e la profonda delusione, hanno legato persone che si tolleravano a stento.
Cosa unisce più di un nemico comune?
Improvvisamente ci siamo trovati a far squadra con la collega stxxxza, siamo stati solidali col tizio dell’altro reparto con cui avevamo litigato e a cui non rivolgevamo più la parola.
Ogni martedì, giovedì e sabato, saluto i colleghi così: “ciao, ci vediamo domani” e loro: “no perché stasera vinciamo!”.

Adesso sogno la mattina in cui il capo arriverà in ufficio e troverà un cartello sulla porta con scritto:
“chiuso per superenalotto”.