È invidiosa, egoista, falsa, ipocrita e cattiva, è una subdola manipolatrice senza scrupoli.
Esercita piccole ma continue pressioni psicologiche, senza mai oltrepassare la sottile linea che separa un brutto carattere dal mobbing.
Ha fatto fuori tutte le persone che l’hanno affiancata, due sono state licenziate perché ritenute incompetenti, dopo che lei ne aveva tessuto le “lodi”, a un’altra che non riusciva più a mangiare, a causa del senso di inadeguatezza e frustrazione che provava a stare vicino al “fenomeno”, hanno cambiato mansioni, ma ha dovuto comunque chiedere aiuto a uno psicologo.
Troppo poco per accusarla di essere la causa di stress lavoro correlato?
È un’accentratrice, non insegna e non condivide nulla del suo lavoro, è gelosa e possessiva.
Si considera indispensabile, motivo per cui, ogni volta che sta a casa, tenta di mandare in crisi l’ufficio, per far pesare la sua assenza.
Prima delle ferie nasconde i suoi appunti, poi saluta tutti dicendo “sono stressata, ho bisogno di rilassarmi, cercate di non chiamarmi”.
Se non le telefoniamo, al rientro fa l’offesa perché non è riuscita a dimostrare che la sua presenza è assolutamente necessaria, se lo facciamo, si pavoneggia all’infinito.
Io e le altre colleghe, facciamo di tutto per non disturbarla, anzi, a dire il vero, facciamo più salti mortali di Bruce Lee nei suoi film.
Per riuscire a cavarcela, ci mettiamo in due, tre, quattro davanti al computer, telefoniamo a colleghe di altri studi, tiriamo monetine, chiediamo l’aiuto del 50 e 50 e del pubblico, qualunque cosa pur di non darle la soddisfazione di poter dire: “mi hanno cercato anche quando ero a casa”.
Pensa di essere l’unica che sa lavorare, di saper fare tutto, di essere la più preparata e aggiornata.
Davanti al capo cerca sempre di metterci in difficolta, tipo: “ma come, non hai letto la circolare della settimana scorsa?” e tu vorresti risponderle: “no, brutta stxxxza, ero impegnata a fare il mio lavoro e il tuo, non ho neanche il tempo di pisciare, figurati se posso permettermi di leggere le circolari!”.
Ha la scrivania perennemente ricolma di pratiche, montagne di carta alte almeno 40 cm, dietro cui si barrica.
Questo è un vecchio trucco che serve per dare l’impressione di avere tanto da fare, noi lo sappiamo, peccato che il capo ci caschi sempre come un pollo.
Dice di ricevere decine di mail al giorno, richieste a cui deve dare seguito.
Se la mattina accende il computer e scaricando la posta non ne arriva nessuna, urla per i corridoi che c’è sicuramente un problema alla linea e il server non scarica la posta, quindi una di noi verifica e puntualmente le comunica che va tutto bene.
Casualmente, durante la sua assenza, quando tocca a noi gestire le sue mail, non ne arrivano più di una o due.
A gennaio chiede di fare la riunione ferie, ogni anno vuole avere priorità di scelta, perché deve incastrare le vacanze con il marito, i figli, i nonni, gli zii, i cugini, gli amici, gli amici degli amici, i vicini di casa …
Non contenta, a novembre guarda il calendario dell’anno dopo e organizza tutti i ponti, battendoci sempre sul tempo.
È l’unica che ha bisogno di orari ad hoc: entra ogni giorno 20 minuti dopo l’apertura, per accompagnare la prole a scuola, recupera in pausa pranzo, ma non il martedì e il giovedì perché deve fare yoga dalle 12 alle 14, con conseguente rientro mezz’ora dopo, che recupera dalle 18, ma non il lunedì e il mercoledì perché va a prendere i bambini.
Ho provato a mettere il suo orario in Excel, ma neanche Office non è riuscito a capirci qualcosa.
In tutto questo riesce ad accumulare un incommensurabile numero di ore di straordinario, perché, come sostiene lei, vive in ufficio, motivo per cui arriva sempre a casa tardi la sera e non riesce a cenare col marito o a fare i compiti con i figli.
Ovviamente non perde occasione per rinfacciarci di essere la causa dei suoi problemi coniugali e dei brutti voti dei pargoli.
Non ha mai una parola buona per nessuno, solo critiche velenose, ogni tanto mi domando: “ma chi sputa veleno, se si morde la lingua si avvelena?”.
Si lamenta sempre, nei corridoi, durante la pausa caffè, il pranzo, le feste di compleanno, le cene di Natale.
Se lamentarsi fosse una disciplina olimpica, avrebbe il record di medaglie d’oro.
Lei è perfetta e non sbaglia mai, o comunque nasconde i suoi errori come un rottweiler che sotterra l’osso, ma se per caso e ripeto per caso, non perché li cerca apposta, si accorge di un errore fatto da una di noi, si mette a urlare per tutto l’ufficio e va avanti finche’ non è sicura che abbiano sentito tutti, ma proprio tutti, compresi il postino, l’addetto alla macchina del caffè e il tecnico della fotocopiatrice.
Vi starete chiedendo perché non la cerchiamo di contrastarla, dopo tutto, noi siamo tante, lei una sola.
Quando abbiamo preso coraggio, singolarmente o in gruppo, e l’abbiamo affrontata, ha reagito con una delle sue scenate, fingendo di piangere, disperandosi, urlando e dulcis in fundo, ciliegina sulla torta, come un’attrice drammatica degna di un Oscar, ha preso la borsa ed è uscita dall’ufficio, minacciando di non tornare.
Conclusione: noi siamo passate per i mostri della situazione, abbiamo fatto una pessima figura col capo, siamo state costrette a scusarci e abbiamo finito per arrenderci.
Ci ha talmente rotto, che non speriamo più di vincere noi al superenalotto, per non dover più lavorare, ma preghiamo che vinca lei e si tolga dalle palle.

Sono sicura che avete riconosciuto una vostra collega e state pensando a quanto ho ragione, se invece non è così, con buona pace vi dico, che la collega stxxxza siete voi!