Ci vuole tanto coraggio per mettere in scena il ritorno di Mary Poppins, cinquantaquattro anni dopo il capolavoro che costò tanta fatica, ma anche tanta fama a Walt e Pamela (Disney e Travers).
L’autrice scrisse in tutto otto romanzi dedicati alla tata, solo il primo fu usato negli anni Sessanta dal team Disney.
Il film nelle sale oggi prende spunto dal secondo libro intitolato “Mary Poppins ritorna”.
La signora P.L. Travers non fu mai soddisfatta della trasposizione cinematografica della sua adorata creatura, durante tutta la realizzazione osteggiò la squadra di creativi con pretese a dir poco assurde, si narra addirittura che dopo la prima del film, a cui si presentò non invitata, cercò di convincere il sig. Disney a tagliare la sequenza animata.
Con queste premesse non posso fare a meno di chiedermi cosa avrebbe pensato di questo secondo capitolo.
Il film, ambientato una trentina di anni dopo, racconta la storia dei figli di Michael, tre poveri bambini rimasti senza mamma, che originalità!
Ve li ricordate i tre orfanelli di “Manici di scopa e Pomi d’ottone” e i tre delle “Cronache di Narnia”?
Mi viene un sospetto, qualcuno deve aver informato gli sceneggiatori di uno studio condotto da qualche parte nel mondo, nel quale è stato dimostrato che: “due sono pochi e quattro troppi, tre è il numero perfetto di bambini sfortunati, il numero giusto, quello che ti fa aprire il cuore.
Nel romanzo, i pargoli Banks erano quattro, ma come sappiamo, al cinema ne arrivarono solo due, Jane e Michael.
La prima volta era andata bene con due bambini, questa volta a casa Disney non hanno voluto rischiare.
Prima della visione ero molto scettica, mi sono comunque ripromessa di entrata in sala senza pregiudizi, con l’intento di non fare paragoni tra la prima e la seconda pellicola, sono per forza due cose diverse e così vanno valutate.
Sono bastati dieci minuti per mandare all’aria i buoni propositi, il film è un continuo richiamo al primo, è tutto un déjà-vu, ma non di quelli piacevoli.
Ci propongono accenni a cose già viste nel precedente, facendo sorgere spontanei paragoni che inevitabilmente esaltano la bruttezza di quest’ultimo capitolo.
Guardando la scena del balletto ho pensato “dove sono i pinguini?” e un secondo dopo eccoli ballare allegramente vicino alla nuova Mary e al nuovo Bert.
La signora Travers, che chiese senza ottenerlo, di eliminare l’uso del colore rosso nella prima pellicola, come avrebbe reagito davanti ai coloratissimi costumi dei due? Rosa e azzurro fluorescenti, con la Tata pettinata con un orribile caschetto corto. Ma stiamo scherzando? Dovrebbe esserci una legge che impedisca di rappresentare Mary Poppins con una pettinatura diversa dallo chignon con mollette.
Questo Ritorno è noioso, buonista, scontato, banale, con pochi guizzi, tra i quali la sequenza della vasca da bagno, ripresa dai romanzi e quella dell’incontro con la lontanissima cugina interpretata da Meryl Streep, un nuovo invito a guardare il mondo da una prospettiva diversa, a testa in giù, dopo che l’altra volta, lo avevamo guardato dal soffitto, prendendo il tè con il parente di Bert.
 A proposito di Bert, l’avete riconosciuto nell’arzillo vecchietto che balla sulla scrivania in banca?
Il mitico, Dick Van Dyke, che pare abbia voluto a tutti i costi far parte del film, ha quasi 93 anni e balla senza controfigure, bravo!
Dopo due interminabili ore, la pellicola finisce con questa frase: “Hai dimenticato com’è essere un bambino”, pronunciata dalla signora Fletcher, scusate, da Angela Lansbury, selezionata per il ruolo da protagonista, prima che venisse assegnato a Julie Andrews, che si ritrova dopo secoli di “signora in giallo” ad interpretare la signora dei palloncini, non male come risarcimento.
Consiglio agli affezionati del “supercalifragilistichespiralidoso” di mettersi il cuore in pace, qua di “oso” c’è solo lo “Stupendoso” della canzoncina sotto all’oceano.
Questa pellicola è un disastro, neanche troppo inaspettato, come si fa a pensare di rimettere in scena Mary Poppins? Mi viene il dubbio che a Hollywood abbiano finito le idee e siano andati a pescare dal cesto dei panni usati, oppure il vintage è tornato di moda e loro si sono voluti adeguare.
Il primo film è un mito, dopo 54 anni è ancora un pezzo di storia della Disney e della cinematografia mondiale, ma cosa resterà fra 6 mesi di questo “ritorno”? Solo l’eco commerciale dato dagli introiti dei gadget (vedi pupazzi vari, giocattoli, rossetti L’Oreal ecc.) e poco altro, non è un capolavoro di cui si parlerà per decenni.
I nostri figli fra 30 anni faranno vedere ai loro figli l’originale, non questo brutto sequel.
Mary Poppins è la tata “praticamente perfetta sotto ogni aspetto”, a differenza di questo film che di perfetto non ha niente.
Non basta “un poco di zucchero” per mandare giù l’amaro di questo Ritorno, speriamo che sia piaciuto almeno ai bambini.