Quentin Tarantino ci stupisce con un cambio di rotta radicale, un film totalmente diverso da quelli a cui siamo abituati, una pellicola introspettiva e riflessiva, con due star del cinema moderno, Leonardo Di Caprio e Brad Pitt, rispettivamente Rick Dalton, un attore protagonista di serie tv western in declino e Cliff Booth, suo amico, controfigura e factotum.
Siamo nel Febbraio 1969, mentre Dalton medita sulla possibilità di trasferirsi in Italia per salvare la sua carriera, nella villa accanto alla sua a Hollywood, si trasferiscono Roman Polanski e la moglie, l’attrice Sharon Tate, interpretata da Margot Robbie.
In quel momento Dalton intravede la possibilità di una svolta, potrebbe conoscere il famoso regista e convincerlo ad affidargli un ruolo in uno dei suoi film: “una festa in piscina dai Polanski ed è fatta”.
Una mattina mentre Rick e Cliff stanno andando sul set in auto, notano un gruppo di ragazze che attraversa la strada, da quel momento le vicende dei due protagonisti si incrociano con quelle di una comunità hippy, la “Family”, che vive a Spahn Ranch, sotto l’egida di un “certo” Charles Manson.
Dopo aver interpretato diversi ruoli marginali, Rick parte per Roma, insieme all’inseparabile Cliff, dove gira tre film e torna a Hollywood sei mesi dopo, sposato con un’attrice italiana, Francesca.
Davanti alla prospettiva di un futuro incerto, liquida il fedele amico, invitandolo per un’ultima bevuta di commiato.
L’8 Agosto 1969, a notte fonda, ubriachi, fanno ritorno alla villa di Cielo Drive, Rick va in piscina a rilassarsi, mentre Cliff decide di fumare la sigaretta imbevuta nell’LSD ricevuta da una delle ragazze hippy.
Improvvisamente fanno irruzione in casa, con l’intento di uccidere Dalton, tre seguaci di Manson, che armati di coltelli e pistola, sorprendono e affrontano Cliff, il suo cane Brandy e Francesca.
L’epilogo è, fra i tanti possibili, quello meno scontato, che chiude in maniera circolare la storia: nell’ultima scena il cancello di casa Polanski si apre per accogliere Dalton, il desiderio espresso all’inizio si realizza.
Tarantino, a 50 anni dall’accaduto, riscrive le vicende di un fatto di cronaca tra i più brutali del periodo, l’assassinio di Sharon Tate, con innumerevoli riferimenti e citazioni alle pellicole e ai protagonisti che hanno fatto la storia del cinema, racconta le vicende di un attore di serie western, mostrandoci quella incredibile macchina che era il cinema hollywoodiano negli anni 70, attraverso tanti piccoli film dentro al film, in uno di questi c’è un cameo con l’ultima interpretazione di Luke Perry, scomparso lo scorso 4 Marzo.
Questa pellicola è tutto tranne che noiosa, 2 ore e 40 minuti che scorrono piacevolmente, senza grandi colpi di scena, con le inquadrature dal basso, biglietto da visita del regista, momenti divertenti, con Cliff che combatte contro Bruce Lee e malinconici, con Rick preda dello sconforto, manca solo una cosa, ma personalmente ne ho fatto piacevolmente a meno.
Se vai a vedere un film di Tarantino, non ti metti comodo sulla poltrona, stai allerta aspettando una scena brutale e feroce, un’improvvisa esplosione di violenza, marchio di fabbrica di Quentin, trattieni il respiro e attendi che si scateni l’inferno, come succede quando Cliff cerca il vecchio amico nel villaggio hippy Spahn Ranch, invece niente.
Solo verso la fine assistiamo al climax violento, pochi minuti che sono più splatter che paurosi e terminano con una scena esilarante che sfocia in una fragorosa risata del pubblico in sala.
Ecco adesso ci si può rilassare, il film è finito, l’abbiamo scampata davvero, nessuna “tarantolata”.
La regia, le scenografie, i costumi e la colonna sonora, sono il punto di forza del film, insieme al cast stellare, Di Caprio, dimostra ancora una volta di essere un attore eclettico, Pitt, in un ruolo che sembra fatto su misura per lui, non delude le aspettative, insieme sono formidabili, la Robbie ha una parte marginale, che interpreta con successo.
I due protagonisti fungono da richiamo e portano in sala un pubblico “nuovo” che generalmente snobba Tarantino, ritenendo le sue opere troppo strane e violente.
Questo nono film forse scontenterà i fan più appassionati e dividerà la critica, ma una cosa è certa, ne sentiremo sicuramente parlare ai prossimi Oscar.