Il 4% della popolazione mondiale soffre di DOC.

Quando ammetto con qualcuno di soffrirne, vengo liquidata con le solite banalità “ah si controlli più volte se hai chiuso l’auto” oppure “ah si guardi se hai spento il gas”, “lo faccio anche io, ogni tanto torno indietro perché non sono sicuro”.

Certo, come se il DOC significasse solo questo, controllare una volta più degli altri se ho spento il forno.

Ho smesso di scrivere biglietti di auguri perché non potevo essere certa di quello che scrivevo.
Continuavo ad aprire e chiudere la busta per rileggere il biglietto controllando ogni angolino perché la mia testa mi induceva a pensare di aver dato della stxxxza alla mia migliore amica anziché scriverle “tanti auguri tesoro”.

In ufficio non posso andare in bagno per ultima perché mi rimarrebbe il dubbio di non aver spento la luce collegata alla ventola, così se stiamo per chiudere, anche se mi scappa, la porto a casa.
L’orario limite per andare in bagno è mezzora prima della chiusura, così sono sicura che almeno una collega ci andrà dopo di me.

Se sto guidando e guardando nello specchietto retrovisore mi accorgo che non ci sono auto dietro di me mi assale il panico. Forse ho investito qualcuno e gli automobilisti si sono dovuti fermare per soccorrerlo.
Non posso proseguire tranquilla finché non vedo arrivare almeno un’auto.
Spesso inverto la marcia e torno indietro per controllare di non aver ucciso nessuno. Per fortuna la mia città è piena di rotonde e posso tornare sulla scena del crimine in un battibaleno.

Ho dei rituali precisi, tutte le mattine controllo che in bagno tutto sia “spento e staccato” poi esco, mi giro con la spalla sinistra rivolta verso lo stipite della porta, riguardo, mi rigiro e vado verso il corridoio; non so cosa potrebbe succedere se mi girassi verso destra; nel dubbio mi guardo bene dal farlo.

Tengo un bicchiere d’acqua sul comodino in caso mi venga sete durante la notte; lo preparo tutte le sere, sempre con la stessa quantità d’acqua, sul bicchiere c’è una linea immaginaria tracciata dalla mia testa, che indica fino a dove va riempito. Se di notte mi sveglio per bere, prima di riaddormentarmi, devo riempirlo nuovamente fino al segno. Non riuscirei a riprendere sonno sapendo che il bicchiere è solo mezzo pieno.

Mi trovo senza motivo ad aver bisogno di contare i porta lampada del lampadario che ho sopra al letto; ci sono sedici palline di vetro, ma solo sei hanno la lampadina e fanno luce, le restanti dieci palline sono vuote.
Conto prima le piene poi le vuote, lo faccio 4/5 volte di fila poi magicamente non ne ho più bisogno e posso fare altro.

L’auto è la mia astronave, prima di scendere devo: tirare il freno a mano, spegnere le luci, girare la manopola dell’aria sul freddo, quella dell’intensità’ sullo zero e quella della direzione sull’opzione mezza altezza, chiudere tutte le bocchette, spegnere la radio, dopo aver selezionato sempre la stessa frequenza e lo stesso volume, ricontrollare che il freno a mano sia ben tirato tre o quattro volte.

Poi si, certo, mi pianto davanti al forno, al gas, alla porta, come fate voi ossessivo compulsivi della domenica!